25 aprile all’Arena di Verona. La Resistenza come Disarmo, la Liberazione come Nonviolenza.

Il 25 aprile il popolo della pace ha riempito l’Arena di Verona di colori, musica, appelli, riflessioni, denunce e speranza. La resistenza e la liberazione sono state declinate come nonviolenza e disarmo.

In 13 mila da tutta l’Italia hanno risposto all’invito di tante organizzazioni e movimenti che hanno promosso questo grandioso evento, a 11 anni dall’ultima Arena di pace, in occasione della guerra che la Nato aveva da poco iniziata in Iraq.

Il collegamento con la resistenza di 70 anni fa l’hanno fatto Gino Spiazzi, ex deportatonel lager di Flossenbürg, eLidia Menapace, staffetta partigiana da sempre impegnata per la pace e i diritti.

I coordinatori della giornata: Mao Valpiana del Movimento Nonviolento e Padre Venanzio Milani hanno letto i messaggi di partecipazione della Presidente della Camera LauraBoldrini e del Segretario del Vaticano Card. Parolin. Dal Sudan è giunto il video messaggio di Gino Strada, che ha denunciato le guerre portatrici di tutti i mali: “la vera liberazione è quella dalla guerra”.

Sul palco si sono poi susseguiti gli interventi di noti esponenti del pacifismo italiano.

Padre Alex Zanotelli, primo ispiratore dell’evento, ricordando l’Arena del 1993 titolata “Quando l’economia uccide bisogna cambiare”, ha denunciato l’iniqua distribuzione della ricchezza, che lascia miliardi di persone nella miseria, mentre una minoranza nel mondo e in Italia vive nel lusso. Intanto ogni giorno nel mondo si spendono oltre 3 miliardi di euro per gli eserciti; in Italia 26 miliardi di euro in un anno, ai quali vogliono aggiungere 15 miliardi per l’acquisto di 90 cacciabombardieri F-35. P. Alex ha accusato l’Italia di essere responsabile di guerre nel mondo, perché è tra le 10 principali nazioni produttrici e venditrici di armi leggere e pesanti, poi perchè negli ultimi due decenni ha partecipato a diverse guerre internazionali, volute fondamentalmente per il controllo delle materie prime, a vantaggio della minoranza ricca dell’umanità. “Come seguace del povero Gesù di Nazaret, primo nonviolento”, l’appassionato missionario comboniano ha espresso un chiaro ripudio della guerra, quindi degli armamenti che la rendono possibile (a cominciare dalle 70 bombe atomiche ancora nelle basi americane in Italia), delle politiche ingiuste che la permettono, delle banche armate che la sostengono finanziariamente. La critica è stata rivolta anche alla permanenza dei cappellani militari con le stellette dentro le forze armate.

Invece di proseguire la prassi di sempre con le forze armate, occorre realizzare una Difesa Popolare Nonviolenta, con la preparazione di Corpi Civili di pace che facciano servizi di interposizione in aree di conflitto.

Con la stessa fede e la stessa passione ha parlato Don Luigi Ciotti, che tiene come testi di riferimento per la pace il Vangelo e la Costituzione. “Non vogliamo vivere in pace, ma per la pace”, e la pace richiede impegno; non viene senzaverità, onestà e responsabilità. Poi occorre giustizia e diritti, in particolare verso i poveri, che chiedono dignità. Ha ricordato come 5 milioni di italiani vivono in condizione di povertà e migliaia di persone approdano sul territorio italiano, in fuga da situazioni disumane: “non si devono respingere e lasciare nei CIE”. Nel mentre aumenta la ricchezza in mano di pochi, che portano i loro capitali nei paradisi fiscali, e continuano la corruzione e l’azione delle mafie: “non solo si fa il male , ma si lascia fare il male”. Per la pace, ha detto don Ciotti, serve più cultura, più informazione seria e libera, più fedeltà alla Costituzione.

Sui maxischermi sono passati i volti dei grandi protagonisti dei precedenti appuntamenti all’Arena: Padre David Maria Turoldo, don Ernesto Calducci, Alexander Langer, Mons. Tonino Bello, colui che in questo luogo nel 1989 esclamò: “In piedi costruttori di pace!”. Così questa espressione è stata ripetuta più volte dai 13.000 nell’Arena. Il gioioso coinvolgimento dei partecipanti è stato totale anche quando si è fatto un minuto di silenzio nel ricordo delle vittime delle guerre e quando tutti hanno lanciato aerei di carta, con la scritta “Addio F35, + salute,+ cultura, + lavoro, + ambiente”.

Un grande applauso è stato attribuito a Mons. Luigi Bettazzi, ancora una volta presente a un appuntamento di pace. “Sono venuto per ascoltare, perché anche alla mia età si impara ancora”, così ha iniziato il suo breve intervento sollecitato dalla platea; ha quindi ripetuto la frase dell’enciclica “Pacem in terris” di Papa Giovanni XXIII, in vista della sua canonizzazione, traducendola efficacemente così: “la guerra è roba da matti”. Il vescovo emerito di Ivrea, per tanti anni presidente di Pax Christi, ha anche indicato la via della riconversione industriale delle fabbriche di armi, dicendo che è possibile, come avvenne nel 1970 nelle Officine Moncenisio di Condove, su iniziativa dei lavoratori e dei sindacalisti di quella fabbrica.

Sull’argomento della produzione di armi, il giornalista Gad Lerner ha intervistato i sindacalisti Maurizio Landini segretario generale della FIOM, Gianni Alioti responsabile dell’Ufficio Internazionale della Fim, Elena Lattuada, Segretaria nazionale CGIL, Gianni Bottalico, Presidente delle ACLI. Dai loro interventi è emersa la difficoltà a riconvertire l’industria bellica mantenendo i posti di lavoro, ma, per una doverosa riduzione delle spese militari, innanzitutto, come ha detto Landini, servono chiare politiche industriali differenti dalle attuali. Comunque tutti hanno criticato il programma degli F35, che, dati i costi, è negativo anche per la scarsa offerta occupazionale e la riduzione delle capacità professionali in Italia.

Nelle sette ore trascorse sotto il sole si sono alternati sul palco autorevoli testimoni impegnati per la pace in vari settori: l’ambiente (contro cementificazione e grandi opere), il Servizio Civile, i Corpi Civili di pace, la Rete per il Disarmo.

Molto applaudito è stato l’intervento del sindaco di Messina Renato Accorinti, che ha ripresentato la bandiera della pace con la frase dell’art. 11 della Costituzione, che portò nella sua città alla celebrazione del 4 novembre, causando stupore e scandalo dei generali. Dalla Sicilia nonviolenta giunge l’opposizione al MUOS di Niscemi, sistema di telecomunicazioni satellitare della marina militare statunitense, che servirebbe a coordinare il volo dei droni.

Una testimonianza è venuta anche dall’estero, dalla leader pacifista del Mozambico Alice Mabota, fondatrice della Lega per i diritti umani, che coraggiosamente si candida a governare il suo paese tra i più poveri della Terra.

Nell’arena è risuonata tanta bella musica impegnata: di Simone Cristicchi, Eugenio Finardi, Vittorio De Scalzi, i Farabrutto, Deborah Kooperman, e quella satirica di Alberto Patrucco e David Riondino.

Forti del successo inaspettato di questa “Arena di pace e disarmo”, purtroppo poco considerata dai media nazionali, gli organizzatori hanno annunciato per il 2 giugno l’avvio di una Campagna per una legge che isti­tui­sca e finanzi il Dipar­ti­mento della difesa civile non armata e nonviolenta.

Pierangelo Monti

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